Il digiuno intermittente: fa bene o non fa bene per la nostra salute?

Il digiuno intermittente: fa bene o non fa bene per la nostra salute?

In questi ultimi giorni, soprattutto tra numerose pazienti che giungono allo studio o mi chiedono informazioni sui gruppi, sento parlare della pratica del digiuno intermittente: è diventata la moda del momento, tutti mi chiedono se possa essere d’aiuto, ed ecco la mia risposta, che è sempre una, quella che ritroverete nell’articolo.

Digiuno o carestia?

Sono tantissimi i pazienti che mi chiedono “Dottore ma lei cosa ne pensa del digiuno intermittente?”, perché ormai è una tecnica che vorrebbero provare tutti per testarne l’efficacia; la mia risposta però è sempre quella: “non le bastano 8-9 ore a notte per digiunare?!”. In effetti è così, se ci riflettete noi digiuniamo ogni giorno, anzi ogni notte, per un bel po’ di ore; a cosa serve farlo per giorni interi?

Il segnale che riceve l’organismo dal digiuno intermittente non è positivo e ne parla anche lo studio che ho pubblicato sotto: se da un lato è vero che il fattore di crescita IGF-1 abbassa le sue concentrazioni, dall’altro lato aumenta il colesterolo LDL e l’organismo riceve un segnale di “carestia”. Mi spiego meglio. Come ho sempre detto, il nostro organismo per bruciare energia deve essere nutrito, di cibi adeguati al momento giusto, in modo da poter comunicare al cervello che l’eccesso può essere bruciato in quanto vi sono adeguate riserve energetiche; se, invece, mangiamo poco o digiuniamo, il corpo tende a conservare tutto ciò che è riserva energetica per cui non ci fa dimagrire, anzi altera i parametri ematochimici. Eppure, ancora si pensa che si dimagrisce non mangiando.

Ma che cos’è il digiuno intermittente?

Recentemente viene proposto (in “mille salse”) un sistema di dimagrimento totalmente opposto che prende il nome di digiuno intermittente. Tale principio è già fortemente inflazionato e, a dire il vero, piuttosto confuso. Si passa dalla “dieta del cavernicolo”, che prevede un’enorme abbuffata con uno o due giorni di digiuno, al sistema 16/8 (dove 16 sono le ore di digiuno e 8 quelle nelle quali vengono consumati 2 o 3 pasti).
Il principio cardine del digiuno intermittente è quello di creare una “finestra” (lasso di tempo) di digiuno con durata tale da incidere sul bilancio calorico complessivo e sul metabolismo ormonale.

Lo studio del digiuno

Lo studio che ho riportato sotto, pubblicato su The Journal of Nutrition, dimostra come dopo solo una settimana dal digiuno intermittente pur essendo diminuite le concentrazioni del fattore di crescita IGF-1 e della glicemia, sono aumentati i livelli del colesterolo totale, del colesterolo LDL e della sua apolipoproteina, l’Apo-B.

Durante lo studio effettuato l’assunzione dei soggetti che si sono prestati era limitata all’acqua minerale (minimo 2 litri al giorno) e ad un multivitaminico con minerali, concedendo ai soggetti una passeggiata sorvegliata di 30 minuti due volte al giorno.

Quando digiuniamo la sopravvivenza dipende da un numero di aggiustamenti ormonali e biochimici finemente coordinati: inizialmente, la glicemia viene mantenuta dalla mobilizzazione del glicogeno immagazzinato, ma le riserve di glicogeno sono limitate e se il digiuno continua richiede la mobilizzazione di substrati alternativi come acidi grassi liberi e corpi chetonici. Studi hanno dimostrato che in queste condizioni il colesterolo immagazzinato nella gocciolina lipidica della cellula del tessuto adiposo viene rilasciato nel plasma ed è la principale fonte di colesterolo durante la privazione di cibo.

Infatti, il digiuno intermittente è accompagnato da una sostanziale lipolisi che potrebbe spiegare gli aumenti osservati dei lipidi sierici nei soggetti sottoposti allo studio; tuttavia, una diminuzione dell’assorbimento di LDL da parte del fegato potrebbe essere un secondo meccanismo che contribuisce ad aumentare i livelli di LDL: ciò è supportato da studi che dimostrano che l’insulina, che diminuisce durante la privazione di energia, aumenta l’espressione del gene del recettore LDL epatico e il legame col recettore LDL.

E’ spiegato perché queste forme di digiuno controllato sono in grado di attivare, anziché deprimere, il metabolismo e la mobilizzazione dei grassi.

Alcuni autori sostengono che la regolazione circadiana dell’organismo, quella che regola l’orologio biologico, sia coinvolta in questo processo, che che la Noradrenalina attivata dal digiuno svolga anch’essa un’importante azione di mobilizzazione dei grassi e di attivazione metabolica.

Sicuramente sono stati dimostrati effetti di regolazione delle sostanze coinvolte nella gestione degli zuccheri, dei grassi e delle citochine infiammatorie. Ma non solo… Alcuni studi hanno dimostrato come il digiuno intermittente sia in grado di attivare il mitocondrio nel suo processo di rinnovamento e quindi nella sua funzionalità, per cui aiuta da un punto di vista metabolico ed infiammatorio…

L’azione antinfiammatoria non si ferma certo alla sola attività estetica (con il controllo dell’inflammaging), ma comprende anche una serie di attività di controllo delle malattie degenerative, cancro compreso. Già nel 2016 ho proposto su queste pagine un articolo sull’effetto protettivo dal cancro del seno dal titolo “Saltare la cena per ridurre le recidive tumorali”, che discuteva le ultime ricerche scientifiche in questo senso.

Uno dei motivi per cui mangiare di notte crea problemi e aumenta l’infiammazione e l’accumulo di grasso potrebbe dipendere dalla azione della melatonina naturalmente prodotta in assenza di luce e dalla azione dell’ormone della crescita che inibiscono l’azione dell’insulina, obbligata ad essere prodotta in maggior misura, con effetti critici sull’organismo e sulla gestione degli zuccheri che restano elevati più a lungo e in maggiore quantità.

Questo può produrre un aumento della glicazione delle proteine, che vengono come “avvolte” da un manto di zuccheri e perdono la loro funzione, causando un danno irreversibile.

Digiunare o non digiunare?

Allora sarebbe meglio digiunare per prevenire l’insorgenza di patologie come il cancro oppure mangiare cibo di qualità e muoversi costantemente per ottenere lo stesso obiettivo?

Quello che consiglio io, è di optare, per quanto sia difficile ai giorni d’oggi, cercare di seguire una precisa crononutrizione, uno stile di vita sano e controllato, e soprattutto cercare di anticipare la cena ancora prima delle 20… In questo modo, il concetto di “digiuno” è comunque ben espresso dal lasso temporale che va da una buona cena fatta di buon’ora, fino al mattino dove trova ampio spazio la colazione abbondante, per ripristinare lo stop al cibo avvenuto per più di 12 h. E’ si ha una buona stimolazione ormonale!

Le diete di restrizione, come i digiuni intermittenti, non proteggono il nostro organismo, anzi rallentano il metabolismo infatti a lungo andare i primi effetti che si verificano sono l’amenorrea (totale scomparsa del ciclo) ed il rallentamento della funzionalità tiroidea, su cui mi batto quotidianamente. Quindi, il digiuno intermittente ha i suoi benefici, ma non è indicato per i pazienti con disfunzioni tiroidee, dell’apparato gastrointestinale, con disfunzioni endocrine… Sarebbe più opportuno parlare di crononutrizione, cena anticipata e regolarità nelle abitudini.

 

Dott. Francesco Garritano

 

Fonte bibliografica:

  • Lars Sävendahl and Louis E. Underwood. Fasting Increases Serum Total Cholesterol, LDL Cholesterol and Apolipoprotein B in Healthy, Nonobese Humans. The Journal of Nutrition, Volume 129, Issue 11, 1 November 1999, Pages 2005–2008

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