Infiammazione cronico-silente ed ormoni: che correlazione c’è tra le due?

Infiammazione cronico-silente ed ormoni: che correlazione c’è tra le due?

Le malattie cronico-infiammatorie costituiscono un gruppo di malattie che colpisce oramai numerose persone. In particolare, l’articolo che sto per presentarvi spiega come sia importante l’attivazione di specifici ormoni in grado di diminuire il grado dell’infiammazione correlato alla patologia, in associazione a fattori nutrizionali e di stile di vita. Buona lettura!

Che cos’è l’infiammazione cronico-silente di basso grado?

L’infiammazione silente rappresenta  una reazione  di difesa infiammatoria del sistema immunitario contro non solamente agenti estranei che invadono l’organismo, inquinamento ambientale, pesticidi ed erbicidi, stress, abuso di farmaci, xenobiotici, ma soprattutto le pratiche sbagliate dello stile di vita e dell’alimentazione che influenzano la salute della barriera dell’epitelio intestinale, dell’omeostasi ormonale nell’organismo.

La malattia insorge quando il sistema immunitario, in seguito ad attacchi ripetuti, reagisce con uno stato infiammatorio cronico, di basso grado, silente e con sintomi non acuti ma costanti e perpetuati nel tempo. È la fase in cui con la prevenzione e con la modificazione dell’alimentazione si può arrestare l’evoluzione verso lo stato di malattia.

Un Killer silenzioso che provoca malattie autoimmunitarie

Del problema se ne interessò nel 2004 il Time Magazine pubblicandone un articolo “The Secret Killer Is Inflammation- Inflammation is a Secret or Silent Killer”. Con l’infiammazione cronica si attiva uno stato infiammatorio perenne, di bassa intensità, ma prolungato nel tempo che porta all’indebolimento del sistema immunitario. Ciò spiega perchè aumentano il cancro, le malattie autoimmunitarie reumatiche.

Già l’immunonutrizione costantemente la pratico per trattare numerose malattie del sistema immunitario (e non solo) quali la tiroidite di Hashimoto, l’endometriosi, la fibromialgia, il morbo di Chron e la rettocolite ulcerosa, la sclerosi multipla e altre ancora, come patologie legate alla sfera femminile, alla sfera metabolica e tutte le patologie che hanno una correlazione con l’infiammazione generalizzata. Chi mi conosce da tempo sa quanto io mi soffermo proprio su quest’aspetto dell’infiammazione, una spiacevole base o punto di partenza da cui si diramano molteplici condizioni cliniche: agire a monte del problema andando a spegnere proprio quest’infiammazione è il passo fondamentale per avere la meglio sulle patologie del sistema immunitario che vengono “incitate” dall’infiammazione che risiede alla base.

Correlazione tra infiammazione cronica silente ed ormoni: lo studio

Su campioni biologici presi in sperimentazione, in numerosi studi condotti è stata eseguita la determinazione dei livelli sierici di citochine (IL-6, IL-13, MCP-1, TNF-α, IL-17, KC, IL-1α e IL-4) utilizzando saggi fluorescenti e un sistema di rilevamento basato su fluorescenza MAGPIX. I risultati sono stati calcolati in base alle curve di calibrazione in pg / mL.
Da questi studio è emerso come significativi miglioramenti delle malattie croniche intestinali sono date da una riduzione dell’adiposità mesenterica e dalla promozione di un ambiente anti-infiammatorio attraverso l’inibizione delle citochine pro-infiammatorie e un parziale ripristino del rilascio di miochine protettive, come l’irisina e il contenuto di adiponectina plasmatica nei soggetti presi in considerazione.

Come ben sappiamo, è universalmente valido che uno stile di vita sedentario può contribuire a molte malattie infiammatorie croniche. Infatti il contributo negativo dell’obesità, in particolare dell’adiposità addominale, è stato suggerito come fattore incisivo per la patogenesi di varie malattie autoimmuni. Le malattie infiammatorie intestinali sono convenzionalmente legate a un basso peso corporeo ma un numero crescente di prove per il ruolo dell’adiposità addominale e del grasso perivascolare nella patogenesi delle malattie infiammatorie intestinali sono state riscontrate nei soggetti presi in considerazione.
L’importanza della leptina derivata dal grasso addominale per la patogenesi della colite è supportata dall’osservazione che il trattamento con un antagonista della leptina ha migliorato lo sviluppo della colite sperimentale cronica.

Cosa si è visto?

Che i soggetti sperimentali obesi sedentari mostravano un aumento dei livelli di leptina nel plasma ma simultaneamente mostravano una diminuzione dei livelli di adiponectina nel plasma rispetto agli altri soggetti che hanno seguito un’alimentazione corretta. È interessante evidenziare che i livelli plasmatici di adiponectina e l’espressione di questa nel tessuto adiposo erano significativamente diminuiti nei soggetti con colite indotta sperimantalmente e che la diminuzione, che riflette lo stato di adiponectina negli studi condotti, era più pronunciata in chi era nutrito con una dieta ricca in grassi. L’adiponectina, che è inversamente correlata all’obesità e mostra una struttura simile al TNF-α, è stata proposta per antagonizzare quella citochina proinfiammatoria competendo con il recettore TNF-α. Studi recenti hanno dimostrato che il motivo per cui ci sono dei livelli più bassi di adiponectina sierica e mesenterica nei pazienti con il morbo diCrohn suggeriscono chiaramente una regolazione difettosa di quella via di adipochina anti-infiammatoria nella patogenesi della patologia stessa. I nuovi studi hanno mostrato un aumento dell’espressione dell’mRNA dell’adiponectina nei depositi mesenterici, ma l’espressione dell’mRNA dell’adiponectina nel tessuto adiposo mesenterico era marcatamente diminuita nei soggetti nutriti con una dieta ricca di grassi aventi la malattia cronica intestinale indotta. È interessante evidenziare come l’attività fisica, già nota per la sua efficacia in numerose malattie e che non smetto mai di menzionare come efficacissima forma di trattamento clinico da adottare, ha riportato effetti benefici sulla salute inducendo azioni anti-infiammatorie.

Infatti, da questi nuovi studi, è emerso che la guarigione nella colite sperimentale è compromessa nei soggetti nutriti con una dieta ricca in grassi e che tale effetto nutritivo è accompagnato da una diminuzione di adiponectina nel colon nella circolazione intestinale e da un aumento dei marcatori proinfiammatori del plasma nel grasso mesenterico. L’attività fisica volontaria può migliorare la colite diminuendo la gravità del danno del colon a causa di un aumento del flusso sanguigno del colon, che è collegato a miocine protettive, come l’irisina, rilasciata dal muscolo scheletrico, un fenomeno particolarmente osservato nei dati sperimentali: quindi, è importantissima l’attività fisica, permette il rilascio di irisina, il ripristino dell’adiponectina protettiva e la promozione di un ambiente anti-infiammatorio mediante l’inibizione delle citochine proinfiammatorie.

Dott. Francesco Garritano

 

Riferimenti bibliografici:

https://www.mdpi.com/2072-6643/9/4/410

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