Microbiota intestinale e salute della tiroide: entriamo nel dettaglio

Microbiota intestinale e salute della tiroide: entriamo nel dettaglio

Microbiota intestinale e salute della tiroide: entriamo nel dettaglio

Il microbiota intestinale è coinvolto nel controllo di numerose funzioni fisiologiche, ma anche è responsabile di malattie infiammatorie, disfunzioni ormonali e tanto altro. Basta trattarlo bene per ottenere benefici risultati sul proprio corpo. Come fare? Vi invito a leggere questo articolo che ho scritto per voi!

Nel momento in cui soffriamo di una patologia tiroidea, come dico spesso ai miei pazienti e come ho scritto sul mio secondo libro “La dieta anti-infiammatoria” (www.francescogarritano.com/negozio/ ), occorre agire a monte e non a valle del problema, bisogna sempre indagare fino ad arrivare alla radice del problema e alle cause che scatenano la malattia. Tra le tante cause che possono contribuire alla malattia, ritroviamo anche quelle di derivazione intestinale: intendo dire che il microbiota intestinale può avere influenza sulla ghiandola tiroidea, scatenando fenomeni di infiammazione ed alterazione della funzionalità della tiroide stessa. Ma come?

Numerosi sono i fattori che possono incidere sulla salute della ghiandola, come l’ aumento della permeabilità intestinale. A dimostrarlo è lo studio di Fasano, incentrato sul ruolo della funzione della barriera intestinale compromessa nella patologia autoimmune. La barriera epiteliale intestinale, con le sue giunzioni strette intercellulari, controlla l’equilibrio tra tolleranza e immunità a determinate sostanze: quando arrivano in circolo fino alla tiroide sostanze immunogeniche direttamente dall’intestino infiammato, ciò può portare alla produzione di citochine (Th1 e Th17) che cronicizzano  il processo infiammatorio autoimmune.

Come ho già parlato spesso su come la salute del nostro intestino può incidere sul sistema endocrino, affinché le ghiandole del nostro organismo funzionino bene, è necessario che vi sia un buon assorbimento intestinale dei nutrienti. Infatti, elementi come lo iodio e il selenio, fondamentali per la salute della tiroide, vengono assorbiti dall’organismo tramite i villi intestinali, che sono la struttura funzionale di assorbimento che caratterizza l’intestino. Quando si presenta un’infiammazione intestinale, come per esempio nella disbiosi, i villi si atrofizzano e non sono più in grado di assorbire nutrienti essenziali per l’organismo umano. A causare problemi alla ghiandola tiroidea è proprio il Liposaccaride (LPS), che fa parte proprio dei batteri patogeni presenti in quantità anomale nella disbiosi intestinale. Esso è un componente della parete cellulare dei batteri. Nel momento in cui l’intestino diventa permeabile, l’LPS può infiltrarsi nel flusso sanguigno danneggiando la tiroide. Come agisce l’LPS? Va a diminuire uno speciale enzima, l’enzima deiodinasi, che è deputato alla produzione di T3 libero che va in circolo, la forma attiva dell’ormone tiroideo (perché T4 è la forma inattiva dell’ormone). Mentre, contrariamente, la metabolizzazione degli acidi biliari prodotti nella cistifellea da parte dei batteri intestinali aumenta l’attività di questo enzima.

Tutti quei batteri della flora intestinale vanno ad influenzare direttamente la patogenesi di numerose patologie, dall’obesità alle malattie infiammatorie intestinali fino alla sclerosi multipla, quindi naturalmente anche il loro impatto sugli organi del sistema endocrino è oramai noto e risaputo. Si è visto tuttavia che vi è anche un collegamento fra l’alterazione delle funzioni della tiroide e il microbiota intestinale nel momento in cui vi è un fenomeno di disbiosi intestinale .

Questo perché, nelle colture fecali, sono stati rilevati bassi livelli di bifidobatteri e lactobacilli mentre vi erano numerosi batteri da Enterococco in alcuni soggetti affetti da ipertiroidismo, evidenziando quindi il collegamento fra tiroide e microbiota intestinale. Nei soggetti invece affetti da ipotiroidismo autoimmune, è stato visto ugualmente che l’alterazione del microbiota intestinale ha avuto un’influenza sostanziale nelle patologie autoimmuni: questo perché è stato rilevato anche grazie ad esperimenti sugli animali che, in condizioni particolari dove il microbiota intestinale non era costituito dalla flora batterica benefica, essi hanno sviluppato ghiandole tiroidee più piccole rispetto ai campino biologici di cui invece ne erano provvisti.

In modo particolare, i batteri della flora batterica intestinale producono acidi grassi importanti per la salute del nostro organismo, per contrastare differenti patologie anche infiammatorie: questi acidi grassi sono: l’acido acetico, l’acido propionico, l’acido butirrico e l’acido valerico. Per indurre i batteri a produrre tali sostanze, è necessario ricordarsi di inserire nella dieta sostanze quali:

  • inulina (come aglio, porri, carciofi, cipolle, asparagi);
  • i FOS (fruttoligosaccaridi contenuti per esempio nelle banane, nell’aglio e nei carciofi);
  • la pectina (mele, albicocche, carote, ecc…);
  • la gomma di guar (estratta dai bacelli omonomi);
  • l’arabinoxilano (nella crusca di farro);
  • l’aceto (qualsiasi aceto, come quello di mele a crudo);
  • i cibi e le bevande fermentate;
  • i grassi (olio di oliva extravergine, olio di cocco…).

 

Dott. Francesco Garritano

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4837298/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28689782

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