Quale ruolo ricopre l’infiammazione da cibo nell’endometriosi?

Quale ruolo ricopre l’infiammazione da cibo nell’endometriosi?

Nei miei anni di carriera mi sono avvicinato a diverse patologie, l’endometriosi è una di quelle poiché è una malattia subdola, che non viene diagnosticata facilmente, non ancora completamente compresa ed in costante aumento nel sesso femminile. Dalle domande delle mie pazienti mi rendo conto che anche in questo caso viene sottovalutata l’importanza di uno stile di vita adeguato e di come questo possa influire nel migliorare la sintomatologia.

Che cos’è l’endometriosi?

L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica estrogeno-dipendente ed è una condizione patologica in cui le cellule dell’endometrio, il tessuto che riveste l’utero, vanno al di fuori della loro sede e si sviluppano in altre, come tube di Falloppio, vagina, ovaie ed anche in parti dell’intestino. Nonostante sia una malattia poco conosciuta, è più frequente di quello che si pensa: in Italia la ritroviamo nel 10-15% delle donne in età riproduttiva; circa il 30-35% delle donne infertili o che hanno difficoltà a concepire è interessata da questa patologia. Il picco di insorgenza può comparire tra i 25 e i 35 anni, ma vi sono molti casi in appare anche in età più giovane.

Potrei dilungarmi a parlare di numerosissime cause e meccanismi alla base di questa patologia, quali permeabilità intestinale alterata, disbiosi, ecc, vi invito a prenderne visione dalla pagina del mio sito dedicata all’argomento: https://www.francescogarritano.it/nutrizionista/endometriosi/

Endometriosi e infiammazione da cibo

Prima di parlare di nutrizione, è importante capire che bisogna definire lo stato infiammatorio di ogni paziente in modo tale da adattare i piani alimentari e le eventuali integrazioni in base alle esigenze del singolo e non generalizzare. Di conseguenza ai miei pazienti chiedo di effettuare i dosaggi di VES, PCR e altri parametri che vi illustrerò anche nel grafico di seguito; tuttavia,  in base ai sintomi riportati bisognerà anche effettuare i test per valutare lo stato di disbiosi intestinale  (tramite un test non invasivo che permette la caratterizzazione del microbiota intestinale), e fondamentali sono anche i test per le food sensitivity quali ad esempio il QuASA, di cui voglio parlarvi.

Per scoprire se siamo infiammati dal cibo che ingeriamo quotidianamente ci si può sottoporre a due tipi di test, entrambi effettuabili nel mio studio. Si potrebbe iniziare dalla compilazione di un questionario ideato dal Dott. Speciani e dalla Dott.ssa Bottino, definito QuASA (Questionario Anamnesi di Sovraccarico Alimentare), tramite il quale si può individuare il tipo di reattività in base alle risposte date dal paziente. Le domande sono diverse e mirate, si inizia a valutare la predisposizione indagando se il paziente ha preso antibiotici, se è nato da parto cesareo; si passa poi alle domande sulle patologie di cui soffre, sulla frequenza di consumo degli alimenti, sui sintomi procurati da alcuni alimenti, infine, si passa al conteggio delle risposte date dal paziente, ottenendo la categoria a cui si è reattivi.

????? consiste in un dettagliato questionario anamnestico che analizza tre differenti ambiti:

  1. La predisposizione generale del paziente verso una Food Sensitivity, in relazione a fattori genetici, farmacologici e di storia individuale
  2. Il sovraccarico alimentare per ciascun gruppo alimentare
  3. La correlazione tra sintomi di sovraccarico e alimenti che li provocano.

 

In uno studio sperimentale attuato tra il periodo di giugno 2019 e dicembre 2019, che sarò prossimo a pubblicare, ho individuato le classi di categorie alimentari che più hanno destato ipersensibilità nelle pazienti affette da endometriosi. Sono state fatte indagini su 68 giovani donne, da 25 a 45 anni, le quali sono state sottoposte a QuASA e, dopo aver indìviduato le principali categorie alimentari che più hanno infiammato l’organismo ed hanno contribuito ad aumentare l’infiammazione sub-cronica di basso grado nell’endometriosi, si è fatto un resoconto sul miglioramento dei sintomi e della manifestazione della patologia ed è stata fatta la lista dei principali gruppi alimentari incriminati e il loro miglioramento % in termini di coinvolgimento nella food sensitivity, IN SEGUITO A DIETA:

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I valori ematochimici MEDI monitorati sono così migliorati:

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I sintomi sono così migliorati:

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Mentre la variazione dei valori derivanti dalla bio-impedenziometria sono stati i seguenti:

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Accanto alle terapie tradizionali nel trattamento dell’endometriosi, la nutrizione, ma più in generale lo stile di vita, può avere un enorme influenza nel migliorare la sintomatologia ma anche nella prevenzione gioca un ruolo fondamentale. Ad esempio alcuni integratori ad attività antiossidante (ad esempio vitamina C) hanno aiutato nel ridurre il dolore pelvico, mentre una dieta ricca di grassi-trans aumenta il rischio di endometriosi.

Con l’alimentazione possiamo agire su più fronti:

  • Ristabilire le normali secrezioni ormonali (leptina, estrogeni, progesterone…) e di conseguenza andremo anche a controllare i picchi glicemici;
  • Agire poi sull’infiammazione con il consumo di sostanze antiossidanti e di omega-3 che hanno azione antinfiammatoria;
  • Migliorare la salute intestinale, quindi ristabilire l’infiammazione, la normale permeabilità intestinale e la composizione fisiologica del microbiota.

Per controllare i picchi glicemici sicuramente bisogna evitare zuccheri semplici, farine raffinate, avere un giusto equilibrio tra carboidrati e proteine, aumentare il consumo di fibre che creano le maglie che trattengono gli zuccheri, inoltre le fibre servono come nutrimento per il microbiota intestinale perché la loro fermentazione crea acidi grassi a catena corta come butirrato, propionato, acetato, fonte di energia per i batteri intestinali. Controllando i picchi glicemici, avremo controllo anche di insulina e, di conseguenza, di leptina, in questo modo avremo anche il controllo sulla produzione di ormoni. Inoltre un eccesso di zuccheri aumenta anche la via di produzione del colesterolo che, come abbiamo visto, è il substrato di partenza per la sintesi degli estrogeni.

Vanno evitati gli alimenti contenenti fitoestrogeni, dal momento che nell’endometriosi ritroviamo già gli estrogeni alti, quindi evitare carni rosse, alimenti contenenti soia, avena e segale, ma anche la carne bianca, come ben sappiamo, viene addizionata di estrogeni, quindi non bisogna esagerare e preferire sempre carne italiana che viene sottoposta a maggiori controlli.

Per quanto riguarda il consumo della carne, un’eccezione, sempre da non esagerare, è la carne bovina grass fed, ovvero di quei bovini che vengono lasciati al pascolo, da non confondere con la carne biologica. In questo modo la carne avrà un maggiore contenuto di omega-3, vitamine C ed E ad azione antiossidante.

Anche i latticini sono alimenti non indicati in questa condizione, sia per il contenuto di caseine che infiammano il nostro intestino portando ancora di più ad un sistema immunitario aberrato, ma il siero contiene anche ormoni, fattori di crescita insulino-simili, immunoglobuline, tutte sostanze chevanno a peggiore la situazione presente nella patologia dell’endometriosi. Possono costituire un’eccezione alcuni prodotti lattiero-caseari fermentati, come kefir (fatto in casa con i grani e yogurt (senza zuccheri) che arricchiscono la flora intestinale di Lactobacilli e Bifidobatteri benefici, contribuendo quindi a ristabilire lo stato di eubiosi e di modulare in senso positivo il grado infiammatorio, oppure si può usare il latte o la ricotta di capra che creano meno infiammazione.

Nelle donne con endometriosi è stata osservata non solo un aumento dei casi di celiachia, ma anche di gluten sensitivity, per questo motivo una dieta priva di glutine può avere un effetto benefico nel ridurre il dolore pelvico cronico, come è stato visto da uno studio del 2012 effettuato su 207 pazienti le quali, il 75% di queste donne ha trovato giovamento nell’eliminare il glutine dalla propria dieta. Dal momento che il sistema immunitario perde la sua regolazione, come abbiamo già visto, l’organismo è più predisposto a sviluppare altre patologie, come anche si possono sviluppare food-sensitivity, da evitare variando il più possibile l’alimentazione ed evitando gli alimenti già citati.

Altri alimenti che spesso creano problemi soprattutto a livello intestinale sono i legumi, perché le molecole in essi contenuti interagiscono con la parete intestinale aumentando la permeabilità ed esacerbando, quindi, le food sensitivity, ma anche la risposta immunitaria viene ulteriormente alterata.

I legumi hanno dimostrato di ridurre le citochine pro-infiammatorie, ma, dal momento che alcune molecole in essi contenuti possono creare fastidi a livello inetstinale, sarebbe opportuno lasciarli in ammollo e cuocerli per molte ore e poi, dopo la cottura, usare un passaverdure per eliminare la parte esterna che è la zona dove risiedono principalmente queste molecole incriminate.

Altri alimenti da evitare sono quelli ricchi di istamina come pomodori, spinaci, funghi, crauti, fragole, infatti, come abbiamo visto, le cellule del sistema immunitario coinvolte nell’endometriosi rilasciano istamina già di per sé.

Abbiamo parlato di dominanza estrogenica e di cosa la causa nella patologia, ma questa condizione di aumentata produzione e ridotto metabolismo degli estrogeni è peggiorata anche da livelli costantemente elevati di cortisolo, l’ormone dello stress per eccellenza, prodotto a livello del surrene. La sua produzione è influenzata dai livelli di leptina che, come abbiamo visto, bisogna ristabilire dei livelli normali agendo sul controllo dei picchi glicemici e insulinici, ma per ridurre i livelli di cortisolo bisogna anche rispettare la crononutrizione (mangiare ad orari regolari), migliorare la qualità del sonno e facendo movimento tutti i giorni.

La maggior parte dei pazienti che incontro allo studio hanno delle food sensitivity, poiché l’errore che si commette più spesso è proprio quello di mangiare ogni giorno gli stessi alimenti o cibi che contengono stesse sostanze che possono generare reattività. Se accusate sintomi come gonfiore, pesantezza, emicrania, meteorismo, diarrea, acne, borse sotto gli occhi, mani e piedi gonfi, sono tutti campanelli d’allarme di una possibile reattività, quindi è consigliabile fare il test, poiché un corpo infiammato è un corpo che non sta bene.

Cosa succede al nostro organismo quando mangiamo sempre le stesse cose? Non tutti sanno che il nostro corpo è in grado di infiammarsi; dobbiamo immaginare di avere una soglia di tolleranza degli stimoli (in questo caso il cibo), che quando diventano troppi e costanti superano la tolleranza individuale e si manifesta la reazione infiammatoria. Ho cercato di spiegarvi il concetto in termini semplici, per far notare quanto sia importante variare la nostra alimentazione per non minacciare il nostro organismo, con fattori apparentemente innocui come il cibo.

Come spegnere l’infiammazione da cibo

Come ogni incendio, anche l’infiammazione da cibo deve essere spenta mettendo in pratica alcuni accorgimenti a tavola. Si parla di dieta di rotazione, ovvero di un piano alimentare in cui bisogna far ruotare i cibi ai quali siamo “sensibili”; all’inizio questi verranno consumati a piccole dosi pochi giorni a settimana, man mano che i sintomi scemano e l’infiammazione cala, verranno introdotti più volte, fino ad abituare il nostro corpo a tollerarli di nuovo. Questa rotazione si può paragonare allo svezzamento, in cui bisognava abituare il corpo all’introduzione di nuovi alimenti, dandoli in concentrazioni basse e non quotidianamente.

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