Vuoi dormire meglio? Cura il tuo intestino oltre che lo stile di vita!

Vuoi dormire meglio? Cura il tuo intestino oltre che lo stile di vita!

In un’epoca di frenesia e stress, di impegni, in un’epoca dove l’ansia è diventata padrona della quotidianità, capita spesso e quasi sempre purtroppo di trascurare il sonno. Tuttavia, proprio dal ristoro nelle ore notturne, è possibile ristabilire importanti equilibri endocrini fondamentali per il benessere e la salute del nostro organismo. L’articolo seguente parla proprio di questo. Buona lettura!

Il sonno ristoratore

Come ho scritto nel mio ultimo libro “La fibromialgia è una sfida: tu puoi vincerla!” e nel mio quarto libro “Attiva il metabolismo mangiando”, che invito a leggere per l’importanza dei concetti in relazione alla possibilità di migliorare in maniera significativa il proprio stile di vita,  il sonno è un importantissimo modulatore endocrino, ovvero è un fattore del nostro stile di vita che influenza in modo importante il flusso di segnali che viaggiano nel nostro organismo, andando a determinare risposte ormonali, immunitarie e metaboliche. Varie definizioni indicano il sonno come “una periodica sospensione dello stato di coscienza”, durante la quale l’organismo recupera energia; è definito come uno stato di riposo fisico e psichico, caratterizzato dal distaccamento temporaneo della coscienza e della volontà  del soggetto con l’ambiente, indispensabile per il ristoro dell’organismo.
Tutti, almeno una volta nella vita, hanno sperimentato in determinate occasioni, gli effetti di una notte passata in bianco o, comunque, di  un sonno di non buona qualità. Ormai è appurato che chi dorme male o dorme troppo poco, tende ad ingrassare di più, o comunque non riesce a dimagrire come chi ha in equilibrio le proprie ore di veglia/sonno. Perché avviene questo? Cercherò di spiegarvelo in modo semplice. Se il sonno si riduce o è di scarsa qualità si ha una  riduzione di uno dei più importanti ormoni del nostro organismo, ovvero della leptina. Questo ormone in condizioni normali, durante la notte, raggiunge livelli elevati, motivo per cui, non abbiamo fame e non cerchiamo cibo nelle ore notturne; la situazione è ribaltata in condizioni di deprivazione di sonno: si riducono i livelli di questo ormone non consentendo il suo normale flusso verso l’ipotalamo e di conseguenza tutta la stimolazione ipofisaria che ne consegue viene repressa;  ovvero si può avere un accumulo di acqua di ritenzione, un’ inibizione della crescita muscolare per mancata attivazione del GH, un aumento della  massa grassa e un crollo delle difese immunitarie: tutti elementi deleteri per la nostra forma fisica. Gli studi inoltre  dimostrano che l’aumento delle fasi  superficiali del sonno o fasi REM, provocano anche ridotti livelli di melatonina durante la notte con un aumento dei livelli di grelina, di cortisolo e di insulina, che dovrebbero rimanere bassi, sovvertendo il comportamento alimentare ed il metabolismo energetico. 

Le dimensioni del problema

Tutti conosciamo l’importanza di un buon riposo di qualità e di come esso sia indispensabile per la salute del nostro organismo. Purtroppo, oggigiorno, i ritmi frenetici di vita portano molte persone in uno stato di stress psico-fisico notevole; una delle tante sintomatologie da stress è proprio “l’insonnia” e i disturbi del sonno, come discusso già precedentemente.

I disturbi del sonno, dunque, sono sempre più frequenti e molte persone ricorrono a trattamenti di varia natura per cercare di ovviare alla soluzione di tale problema. Non tutti purtroppo rispondono bene a terapie omeopatiche e/o erboristiche, ed il fatto di assumere farmaci spesso non si rivela una buona soluzione per il rischio di sviluppare dipendenza verso i principi attivi, oltre ovviamente alla loro tossicità intrinseca.
Come detto l’insonnia è tra le problematiche più importanti e frequenti dei disturbi del sonno, infatti affligge circa 12 milioni di italiani, ovvero il 15-20% della popolazione. Questa percentuale raggiunge il 40% se consideriamo le persone con più di 65 anni. L’insonnia è una condizione estremamente comune: i dati epidemiologici indicano che a soffrire di questo problema in modo occasionale è il 30-50% delle persone in età adulta, mentre il 6-13% (ossia, circa una persona su 8-15) soddisfa i criteri per la diagnosi di vero e proprio “disturbo del sonno”, secondo la definizione aggiornata del Manuale diagnostico statistico delle malattie mentali (DSM-5).

In particolare, il DSM-5 definisce l’insonnia come «una condizione di insoddisfazione relativa alla quantità o qualità del sonno, caratterizzata sia da difficoltà nell’iniziare il sonno che nel mantenerlo, che determina una condizione clinicamente significativa di stress o netta riduzione della funzionalità in diverse aree (sociale, occupazionale, comportamentale)» della vita durante il periodo di veglia.

FARMACI E SONNO: IL RUOLO DELLE BENZODIAZEPINE

L’errore che si commette molto spesso è quello di curare l’insonnia tramite la terapia farmacologica, senza considerare gli effetti collaterali che ne derivano. Tra i farmaci maggiormente utilizzati per i disturbi del sonno ci sono le benzodiazepine. Scoperti agli inizi degli anni ’60 hanno progressivamente soppiantato i vecchi barbiturici, altra categoria di farmaci sedativo-ipnotici molto potenti e pericolosi per la vita del paziente in caso di sovradosaggio. Dal 1996 al 2013 le prescrizioni di benzodiazepine sono aumentate del 2,5% ogni anno, rendendole i farmaci più prescritti al mondo (Michael Kang et al). Nel 2013, secondo le stime, negli Stati Uniti sono morte 22767 persone per overdose di farmaci con obbligo di prescrizione medica. Le benzodiazepine sono state coinvolte in circa il 31% di queste overdosi fatali (Marcus A. Bachhuber et al).

Le benziodiazepine appartengono alla classe dei  farmaci ansiolitici sedativo-ipnotici e sono dei depressori del sistema nervoso centrale non specifici ad azione generalizzata. Le benzodiazepine sono indicate nella riduzione dell’ansia e dell’aggressività, nella sedazione ed induzione del sonno, nella riduzione del tono e del coordinamento muscolare. Hanno effetti anticonvulsivanti e vengono utilizzati nell’amnesia anterograda ( obliterano la memoria degli eventi vissuti mentre si è sotto terapia). L’effetto ipnotico di questi farmaci può essere sfruttato anche per il trattamento dell’ansia patologica.

Come ben  sappiamo esistono due tipi diversi di  stress:

  • Eustress: ansia fisiologica buona che ci permette di mantenere un certo grado di allerta per rispondere a normali stimoli che ci circondano.
  • Distress: ansia patologica trattata con farmaci per evitare che questo stato si manifesti nel soma a livello del sistema cardiocircolatorio o gastroenterico

Più il disturbo del sonno è accentuato, più bassi sono i livelli di GABA, ciò suggerisce che la riduzione del GABA è legata ad un sonno povero. Le benzodiazepine si legano selettivamente ai recettori GABAA posti sui neuroni nel sistema nervoso centrale, i quali mediano la risposta sinaptica veloce di tipo inibitorio. Il legame tra recettore GABAA e ligando GABA determina l’apertura del canale, incrementando l’ingresso degli ioni cloruro all’interno del neurone,producendo una iperpolarizzazione della membrana postsinaptica e  riducendo lo stato di eccitabilità del neurone. Ma quali sono i loro effetti collaterali? Possono essere divisi in: effetti tossici che derivano da un sovradosaggio acuto, effetti indesiderati che si manifestano durante il normale uso terapeutico, tolleranza e dipendenza.  La tossicità acuta: una somministrazione acuta di benzodiazepine in dosi eccessive è considerata meno pericolosa della maggior parte degli altri farmaci ansiolitici-ipnotici e, potrebbe causare un sonno prolungato, senza una depressione seria della funzione respiratoria e cardiovascolare. Tuttavia, in presenza di altri depressori del sistema nervoso centrale, in modo particolare bevande alcoliche, le benzodiazepine possono causare una depressione respiratoria grave, che può divenire letale. Altri effetti collaterali durante l’uso terapeutico sono la sonnolenza, la confusione, l’amnesia ed il ridotto coordinamento delle attività motorie, che limitano significativamente le capacità manuali come quella necessaria alla guida di veicoli. Le benzodiazepine aumentano l’effetto deprimente di altri farmaci, incluso l’alcol, in modo additivo. La lunga ed imprevedibile durata d’azione di molte benzodiazepine ha un ruolo importante nell’instaurazione degli effetti collaterali. I farmaci a lunga durata d’azione non sono più utilizzati come ipnotici ma come ansiolitici, poiché causano una sostanziale inibizione del “giorno dopo” delle prestazioni lavorative e della capacità di guida. Inoltre tra gli effetti indesiderati ritroviamo tolleranza e dipendenza. La tolleranza non è altro che un graduale aumento della dose necessaria a produrre l’effetto richiesto, si verifica con tutte le benzodiazepine, così come la dipendenza, che rappresenta il loro principale problema. Per ridurre il rischio di sviluppare dipendenza dalle benzodiazepine, il trattamento non deve durare più di 21 giorni.  La sospensione del trattamento con benzodiazepine,  dopo somministrazione cronica di settimane o mesi, causa sintomi di dipendenza fisica simili a quella da astinenza da oppiacei, quali nervosismo, tremore, perdita di appetito, ed in alcuni casi convulsioni.

Microbiota e sonno?

La diversità totale del microbiota è stata associata a una maggiore qualità del sonno e al tempo di sonno totale. Batteri come Bacteroidetes e Firmicutes sono risultati correlati a un sonno migliore, mentre altri microrganismi, tra cui Lachnospiraceae e Corynebacterium, a una ridotta qualità del sonno.

Gli individui con un’abbondanza di Coprococcus nell’intestino tendono a svegliarsi più spesso, mentre quelli con Erysipelotricheaceae Holdemania tendevano a svegliarsi di meno.

Poiché i microrganismi intestinali interagiscono con molecole prodotte dal sistema immunitario come l’interleuchina IL-6, un fattore importante nella regolazione del sonno, i ricercatori hanno testato le correlazioni tra IL-6, microbiota intestinale e sonno.

IL-6 è risultata associata alla diversità dei microbiota e correlata positivamente con il tempo trascorso a letto e il sonno totale. Sette batteri della famiglia dei proteobatteri, tra cui Sutterella, Desulfovibrio, Bilophila e Pseudoalteromonas, sono risultati positivamente correlati con IL-6. Ciò suggerisce che la composizione del microbiota intestinale è in qualche modo associata alla produzione di molecole che regolano il sonno, come appunto IL-6.

Fattori che incidono sul sonno

I fattori che interferiscono il nostro sonno, a mio avviso sono tanti. Ritmi di vita sbagliati, situazioni di stress, assunzione errata  di cibi, così come la scorretta  introduzione di alimenti e nutrienti nell’arco della giornata. Le classiche 7-8 ore di sonno evitano inoltre, di mangiare a sproposito, e  di rispettare gli orari dei pasti e, generalmente, di non sentire il bisogno d’ingerire alimenti non salutari. Un grosso studio olandese, durato circa dieci anni e che ha coinvolto più di 10.000 soggetti ha evidenziato che coloro che dormivano meno di sette ore per notte, andavano più facilmente incontro a malattie cardiovascolari, anche molto gravi. Esiste purtroppo una correlazione stretta tra un cattivo sonno e le  malattie metaboliche, (il diabete in particolare),  le patologie infettive per scarsa protezione dal sistema immunitario (Covid-19, patologie para-influenzali, ecc) e tutto questo è oggetto della mia attività da nutrizionista.

Voglio sottolineare che non esiste una dieta vera e proprio per favorire il sonno, ma piuttosto bisogna modificare lo stile di vita come ho già scritto nei capitoli precedenti. Bisogna regolare bene il nostro orologio biologico a livello ipotalamico dandogli i giusti segnali. Fare una colazione abbondante ed una cena leggera sarà già un buon segnale, ma se aggiungiamo anche il rispetto degli orari della colazione e della cena sarà ancora meglio, ovvero fare colazione non troppo tardi la mattina e cenare non troppo tardi la sera. Altra cosa importante è cercare di fare i pasti sempre ad uno stesso orario della giornata. Faccio un esempio se decido di fare colazione alle 7,30 cercherò di rispettare sempre questo orario o di avvicinarmi il più possibile ad esso, così se decido di cenare alle 20,30 cercherò sempre di rispettare il più possibile questo orario.
Se non esiste una dieta precisa che ci faccia dormire come ghiri, esistono sicuramente degli alimenti che possono interferire con il sonno, perché partecipano alla sintesi di ormoni e neurotrasmettitori come la dopamina e l’adrenalina.

All’opposto, altri aiutano la regolazione della melatonina e della serotonina, favorendo invece il sonno. Introducendo alimenti contenenti un particolare amminoacido, il triptofano, questo è in grado di facilitare la sintesi della serotonina, ovvero l’ormone del relax.

Sonno e alimentazione

Quindi, come già precisato, i cibi giocano un ruolo importantissimo nella qualità del riposo notturno, perché il metabolismo degli alimenti ingeriti (la quantità e la qualità di vitamine, proteine, carboidrati e oligoelementi assorbiti) è strettamente legato al rilassamento muscolare. Noci, nocciole e pinoli ad esempio,  sono energetici e utili al mattino, ma non di sera perché le proteine vegetali che contengono, non favoriscono il rilassamento muscolare. Consigliabile è anche evitare a cena i formaggi stagionati, perché impediscono l’assorbimento di manganese e cobalto, preziosi per il sonno.

Altri accorgimenti da rispettare sono: evitare gli alcolici, ridurre il sale, non introdurre cibi eccitanti come caffè, the, cioccolata o cibi piccanti in genere. A cena sarebbe anche meglio escludere ovviamente i carboidrati raffinati come pasta, pane, riso bianco, biscotti e dolci, che contengono zuccheri che favoriscono i picchi dell’insulina,  la quale interferisce con il flusso regolare di leptina che deve raggiungere l’ipotalamo. Anche i prodotti affumicati, gli insaccati non sono ideali la sera, perché se assunti in quantità eccessive, risultano eccitanti.

Via libera per alimenti come l’avena, un cereale ideale per chi è molto stressato e non riesce a dormire. Le crucifere in genere, depurative e disintossicanti, aiutano chi ha problemi d’insonnia. Mele, pesche, albicocche, banane sono frutti ideali a conciliare il sonno. Lo stesso dicasi per la lattuga, che è rinfrescante, emolliente e calmante, e per gli spinaci. La ricotta è un latticino tra i più consigliati a cena, come lo è la classica tazza di latte, ideale per favorire l’arrivo del sonno.

Riassumendo, è bene tenere a mente che nell’alimentazione, come in ogni altro settore, tutto è frutto di correlazioni fra gli elementi che, legati tra loro, inducono benessere. A ciò, ribadisco,  va associato un sano ed equilibrato stile di vita.

Dott. Francesco Garritano

Fonti bibliografiche:

  • Broussard JL, Ehrmann DA, Van Cauter E, Tasali E, Brady MJ. Impaired insulin signaling in human adipocytes after experimental sleep restriction: a randomized, crossover study. Ann Intern Med. 2012;157(8):549–557.
  • Chan JL et al. – J. of Clin. Invest. 111; 2003 The role of falling leptin levels in the neuroendocrine and metabolic adaptation to short term starvation in healthy man
  • Douyon L et al – Endocr Metab Clin North Am 31; 2002. Effect of obesity and starvation on thyroid hormone, growth hormone, and cortisol secretion (Treatment of obesity with hypocaloric diets causes a decrease in fT3 with increase in rT3; GH decreases)
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